La riabilitazione cognitiva è un campo in costante evoluzione, che sta conquistando sempre più l’attenzione della comunità scientifica, grazie ai significativi e promettenti risultati ottenuti in merito al recupero funzionale di pazienti con cerebrolesione acquisita.
Il progresso di questa materia procede di pari passo con l’evoluzione delle neuroscienze e della tecnologia, la quale non solo fornisce un supporto essenziale alle tecniche riabilitative, ma spesso consente un’importante estensione delle potenzialità e dell’efficacia di queste ultime. Un esempio di ciò è fornito dall’utilizzo sempre crescente della robotica in ambito riabilitativo.
L’utilizzo della robotica nella riabilitazione cognitiva, infatti, ha aperto nuove prospettive e opportunità nel campo della cura dei pazienti con cerebrolesioni acquisite. I robot sono stati integrati in varie fasi e modalità della riabilitazione cognitiva, offrendo una vasta gamma di servizi e supporto ai pazienti.
Gli strumenti robotici possono essere utilizzati per fornire un’esperienza di riabilitazione altamente personalizzata. Grazie alla loro capacità di adattarsi alle esigenze specifiche di ciascun paziente, i robot possono offrire programmi di riabilitazione su misura, tenendo conto delle abilità cognitive individuali e dei punti di forza di ciascun soggetto. Questo approccio personalizzato migliora l’efficacia del trattamento, consentendo ai pazienti di lavorare su aree specifiche di miglioramento in modo mirato e progressivo, ed ampliando enormemente la varietà e l’intensità delle stimolazioni fornite agli utenti.
I robot, inoltre, possono essere preziosi alleati nella motivazione dei pazienti durante il percorso di riabilitazione. La loro natura interattiva e stimolante può incentivare il coinvolgimento degli utenti, incoraggiandoli a impegnarsi attivamente nelle attività di riabilitazione. Questo è particolarmente importante nelle fasi iniziali del percorso riabilitativo, durante il quale i pazienti potrebbero sentirsi scoraggiati o sopraffatti dalle sfide cognitive.
Un altro aspetto cruciale dell’utilizzo della robotica nella riabilitazione cognitiva è l’accessibilità degli strumenti. I robot consentono ai pazienti di accedere ai servizi di riabilitazione anche da remoto, attraverso piattaforme online o applicazioni mobili. Questo amplia notevolmente l’accessibilità alla cura, consentendo ai pazienti di ricevere trattamenti anche quando non possono recarsi fisicamente presso un centro di riabilitazione.
Infine, gli strumenti robotici offrono un prezioso strumento per il monitoraggio continuo dei progressi dei pazienti. Grazie alla loro capacità di raccogliere dati in tempo reale sulle prestazioni degli utenti durante le sessioni di riabilitazione, i robot possono fornire ai terapisti informazioni dettagliate e accurate sulle aree di miglioramento e sulle eventuali difficoltà incontrate dal paziente. Ciò consente agli specialisti di regolare e adattare il programma di trattamento in base alle esigenze specifiche dell’utente, massimizzando così l’efficacia della riabilitazione.
L’utilizzo della robotica nella riabilitazione cognitiva, quindi, offre numerosi vantaggi e opportunità nel migliorare i risultati per i pazienti con deficit cognitivi. Sfruttando appieno il potenziale della tecnologia robotica e continuando a investire nella ricerca e nello sviluppo di nuove soluzioni innovative, si potrà ridefinire il modo in cui vengono affrontate e gestite le sfide della riabilitazione cognitiva, migliorando significativamente la qualità della vita dei pazienti.
L’esoscheletro robotico REHO
Un esempio molto interessante dell’utilizzo di strumenti robotici in ambito riabilitativo è fornito dal Centro Puzzle di Torino, dove, da alcuni mesi, è in funzione l’esoscheletro robotico per la riabilitazione della marcia REHO.
Progettato dalla ditta di robotica “Nimble robotics”, questo sistema di riabilitazione del cammino nasce da uno studio interdisciplinare sulla neuroriabilitazione robotizzata, svolta da gruppi di ricerca del Politecnico di Torino e dell’Università di Torino, insieme a importanti Centri di riabilitazione di Torino e del Piemonte, come il Centro Puzzle ad esempio.
Il sistema di riabilitazione in questione è stato chiamato REHO ed è costituito da un esoscheletro attivo a sei gradi di libertà per la movimentazione di anca, ginocchio e caviglia, e da vari elementi che ne completano la funzionalità e ne permettono la gestione.
Reho è costituito dunque da due gambe robotizzate, integrate con un sistema pneumatico di movimentazione delle giunture articolari (in questo caso anca, ginocchio e caviglia), in grado di muovere le articolazioni secondo parametri regolabili e di ricreare così movimenti il più possibile simili alla camminata fisiologica. L’ortesi robotica si muove lungo una rotaia di scorrimento fissata al soffitto, consentendo così, al paziente che la utilizza, di esperire la sensazione di movimento in avanti.
Il sistema REHO, inoltre, è dotato di un pulpito di comando dell’esoscheletro, fornito di una comoda interfaccia che consente di preimpostare le caratteristiche della camminata secondo le esigenze particolari del paziente e di registrare i dati relativi alle sedute dei singoli utenti. L’intensità del contributo dell’esoscheletro alla camminata del paziente, infatti, è regolabile sia per la gamba sinistra che per la gamba destra, anche separatamente, su 7 diversi livelli di intensità, dove 1 corrisponde a contributo minimo dell’esoscheletro e quindi il passo è quasi interamente eseguito dal paziente.
Il paziente quindi, con l’aiuto di un BWS (body weight support) viene issato sull’esoscheletro, che lo sorregge a livello del bacino grazie ad una serie di imbragature e di cinghie di sicurezza. Viene assicurato alla macchina in modo che i centri articolari dei suoi arti inferiori coincidano con quelli delle gambe robotiche di REHO. Quando, grazie all’interfaccia del pulpito, viene dato inizio alla seduta, l’esoscheletro inizia a camminare lungo la guida metallica sul soffitto, consentendo quindi al paziente di attraversare “camminando” la stanza e di esperire le importantissime sensazioni propriocettive procurate dal movimento fisiologico offerto dall’esoscheletro.
Figura 3: l’esoscheletro REHO
L’esoscheletro robotico REHO nasce dalle migliorie e dalle osservazioni ricavate da un precedente studio, condotto presso il Centro Puzzle, di utilizzo di un’ortesi robotica con finalità e caratteristiche simili, chiamata P.I.G.R.O. (Pneumatic Interactive Gait Rehabilitation Orthosis, Zettin, Belforte e collaboratori Dipartimento di Psicologia e Politecnico di Torino).
Rispetto al suo progenitore P.I.G.R.O., REHO presenta alcuni vantaggi molto importanti: la prima miglioria è il fatto di consentire lo sgravio parziale e totale del peso del paziente. La possibilità di “annullare” il peso del paziente è molto importante nei casi in cui si debba lavorare con pazienti che ancora non riescono a sostenere l’interezza del loro peso corporeo sulle articolazioni. Grazie a questa caratteristica, è possibile cominciare la terapia ed il lavoro sulla plasticità sinaptica in tappe più precoci del recupero del paziente, senza dover aspettare che riacquisti un certo grado di equilibrio e di stabilità. La percentuale di peso di cui alleggerire il paziente è regolabile e modificabile per ognuno dei soggetti.
Un altro importante vantaggio del sistema REHO è il permettere di bloccare l’esoscheletro in posizioni casuali del ciclo del cammino. Questa è una delle caratteristiche fondamentali dello strumento: infatti questa funzione permette di svolgere un training combinato motorio e cognitivo, associando alla movimentazione passiva effettuata dall’esoscheletro, la focalizzazione dell’attenzione sul movimento tramite esercizi di mental practice (motor imagery ad esempio). Interrompendo il ciclo di camminata in maniera repentina, si può ottenere di far assumere, agli arti inferiori del paziente, delle posizioni intermedie del ciclo del passo, che sarebbero difficili da assumere in contesti più ecologici. Questo è utile per proporre al paziente esercizi di consapevolezza propriocettiva dei propri arti, oppure esercizi immaginativi di movimento a partire dalla posizione in cui si è fermato l’esoscheletro (ad esempio: “qual è la gamba più avanti?”; “se dovesse immaginare di fare tre ulteriori passi in avanti, quale sarebbe la posizione della gamba sinistra?”).
Infine, l’ultima fondamentale miglioria apportata rispetto al prototipo P.I.G.R.O. è la possibilità di effettuare la camminata a terra. P.I.G.R.O., infatti, forniva soltanto la possibilità di cammino sospeso, modalità che, sebbene comunque molto utile, risultava sicuramente più fittizia ed artificiale. La possibilità di camminare sul terreno lungo un percorso guidato invece, favorisce, per il paziente, la propriocezione del proprio corpo nello spazio e crea una condizione simulativa della camminata più realistica e funzionale.
Una delle applicazioni più interessanti del sistema REHO utilizzate finora presso il Centro Puzzle di Torino è l’uso di tale strumento in combinazione con un training di immaginazione del movimento (motor imagery).
Il motor imagery e il progetto riabilitativo del Centro Puzzle
Recentemente, le ricerche scientifiche hanno dimostrato che l’immaginazione di un movimento genera, all’interno del cervello, una sorta di simulazione neurale di tale movimento e provoca l’attivazione dello stesso circuito di aree che ne medierebbe la programmazione se quel movimento venisse eseguito invece che soltanto immaginato. Questo processo immaginativo è stato chiamato “motor imagery” e viene ritenuto, dai principali modelli teorici derivati dal suo studio, funzionalmente equivalente, a livello neurale, ad un movimento effettivamente eseguito.
Questo concetto, seppur molto semplice, ha molte potenziali applicazioni: si tratta di una tecnica molto utilizzata nella psicologia dello sport, ad esempio, per allenare e migliorare le prestazioni motorie degli atleti. Il campo che sta acquisendo però maggiore interesse è quello neuro riabilitativo.
Infatti, dal momento che l’immaginazione motoria sembra reclutare le stesse aree che sarebbero coinvolte nella pianificazione e nella preparazione di un movimento eseguito realmente, è chiaro che la possibilità di attivare tali aree attraverso un’attività puramente cognitiva e quindi di tenerle allenate anche in pazienti che, a causa di stroke o altri danni cerebrali, presentino importanti difficoltà motorie, rappresenterebbe un’importante svolta nel campo della riabilitazione.
Trattandosi di un concetto relativamente semplice, inoltre, offre la possibilità di implementare dei protocolli riabilitativi incentrati su di esso, dal costo economico e organizzativo molto basso, che però potrebbero portare a risultati significativi.
È proprio dall’unione di questi strumenti (robotica e immaginazione cognitiva) che nasce il progetto di riabilitazione attualmente in corso presso il Centro Puzzle di Torino. Tale progetto è rivolto a pazienti che in seguito a danno cerebrale hanno perso la funzione degli arti inferiori e sono in fase di recupero di tale funzionalità. L’obiettivo della tecnica riabilitativa che si sta perfezionando al Centro Puzzle è quello di migliorare ed affinare le caratteristiche dell’andatura degli arti inferiori di pazienti che stanno recuperando il cammino, in seguito a lesioni cerebrali che hanno coinvolto le aree motorie.
La forza di tale tecnica riabilitativa risiede proprio nell’applicazione combinata di un training immaginativo del cammino (motor imagery dunque) ad un training incentrato sulla propriocezione associata al movimento, implementato grazie all’utilizzo del sistema REHO.
Il percorso riabilitativo in questione prevede una serie di sedute di utilizzo dell’esoscheletro robotizzato. L’utilizzo di REHO è stato proposto con l’obiettivo di movimentare le gambe del paziente secondo schemi corretti e fisiologici del cammino, facendo così esperire nuovamente all’utente le sensazioni propriocettive associate alla camminata, sensazioni ormai scomparse dalla vita quotidiana del paziente a causa della lesione cerebrale.
Il paziente, infatti, costretto in sedia a rotelle a causa della lesione subita, ha perso quasi del tutto la capacità di camminare in maniera autonoma: i suoi circuiti cerebrali deputati alla costruzione degli schemi del cammino risultano dunque sotto stimolati a causa dell’inutilizzo. L’intervento di REHO dovrebbe servire ad intervenire su questa carenza di stimolazione fornendo nuovamente, grazie alla movimentazione passiva delle gambe del paziente, afferenze propriocettive corrette associate alla camminata.
L’effetto benefico di REHO, inoltre, è stato combinato con quello di un training di motor imagery, elaborato con lo scopo di fornire ulteriori stimolazioni, attraverso l’attività immaginativa, alle aree motorie del paziente. Secondo le evidenze più recenti, infatti, l’attività immaginativa sarebbe in grado di fornire importanti stimolazioni alle aree deputate al controllo motorio, che risulterebbero attivate, dall’esercizio mentale, in maniera paragonabile all’esecuzione reale del movimento.
Questo protocollo riabilitativo ha portato finora ad interessanti risultati su alcuni pazienti ed è implementato tutt’ora presso il Centro Puzzle.
Questi sono alcuni esempi di pazienti che hanno partecipato alle prime fasi di costruzione del protocollo:
Il Paziente 1 è una donna di 56 anni che ha subito, due anni prima della partecipazione al presente studio, la rottura di un aneurisma fronto-parietale con conseguente emorragia intraparenchimale sinistra. L’emorragia ha causato un danno diffuso fronto-parietale sinistro, il quale ha portato la paziente ad un quadro clinico caratterizzato da afasia (prevalentemente di produzione) e da emiplegia. La paziente, dopo essersi sottoposta al training, ha mostrato interessanti cambiamenti nella qualità dell’andatura, mostrando un passo più sicuro e qualitativamente più corretto e riuscendo a percorrere distanze maggiori prima di affaticarsi.
Il paziente 2 è un uomo di 56 anni con un alto grado di scolarità. Ha subito un’asportazione tumorale al cervello con conseguente formazione di idrocefalo, risultati, nel complesso, in una lesione talamo-encefalica sinistra, con postumi di exeresi e neoformazione della serie gliale di basso grado.
Il paziente presenta un quadro clinico caratterizzato da lievi disturbi del linguaggio, un lieve rallentamento ideomotorio e da uno scarso controllo inibitorio. Al momento del ricovero, il paziente presentava un grave quadro frontale, caratterizzato da una forte apatia, una grave incapacità di pianificazione, forte affaticabilità cognitiva e grave compromissione delle funzioni cognitive.
Il paziente 2, al termine dello svolgimento del training, ha mostrato interessanti miglioramenti: ha aumentato considerevolmente la sicurezza nel passo, che si è rivelato molto più fluido e continuo, rispetto a come appariva prima del training. Inoltre, nella fase di appoggio del piede, il paziente riusciva ad appoggiare correttamente il tallone, mantenendo, soprattutto dal lato destro, un’aderenza quasi completa della pianta del piede al pavimento. Prima del training, la camminata con il deambulatore rendeva evidente l’incapacità quasi totale del paziente di appoggiare il tallone di entrambi i piedi al terreno, il che si traduceva in una camminata “sulle punte” molto lontana dagli schemi naturali del cammino.
Attualmente sono in corso presso il Centro Puzzle implementazioni del protocollo su numerosi altri pazienti, per i quali non sono ancora disponibili valutazioni quantitative dei risultati post-training, ma che stanno mostrando grande aderenza e partecipazione al trattamento e lasciano intravedere interessanti evoluzioni della qualità del passo e dell’andatura.
Leave A Comment